Intervista a Davide Bordoni
A cura di Stefano Croce
Bordoni, perché ha scelto di candidarsi al Parlamento europeo?
Voglio portare in Europa l’esperienza politica e amministrativa che ho maturato in decenni di lavoro a Roma, prima in municipio poi in Campidoglio. Aver fatto l’assessore alle Attività produttive mi ha permesso di stabilire un confronto quotidiano con tante piccole e medie imprese, con i professionisti e il mondo del lavoro autonomo. Questo tessuto produttivo del nostro Paese va valorizzato, ascoltato, sostenuto. Parliamo di persone che investono, creano occasioni di crescita e posti di lavoro. Sono convinto che la conoscenza approfondita di un territorio e la capacità di saperlo amministrare siano due qualità fondamentali per ottenere risultati concreti a Bruxelles e Strasburgo.
Quali sono le proposte della Lega?
Supereremo il Green Deal e le altre norme che non hanno funzionato. La natura regolatoria del Green Deal o delle direttive come quella sulla Due Diligence è l’espressione più lampante di un’agenda politica per cui, in nome della sostenibilità a qualsiasi costo, si rischia di spingere il nostro continente verso la deindustrializzazione, scaricando gli oneri finanziari delle normative sui contribuenti europei. La Lega continuerà a impegnarsi per evitare lo stop alla vendita di auto a benzina e diesel dal 2035, un’altra di quelle eurofollie capaci solo di distruggere la nostra filiera produttiva a vantaggio delle aziende straniere. Difenderemo anche la casa degli italiani, come ha fatto in Italia il ministro Salvini con il Salva Casa: mentre a Bruxelles qualcuno vuole obbligarci ad avere la casa “green”, in Italia con la Lega abbiamo vinto una battaglia per la semplificazione edilizia che consentirà a milioni di cittadini di ristrutturare il loro immobile, sanando quelle piccole irregolarità che riempiono di burocrazia gli uffici comunali. Gli italiani potranno vendere o affittare casa più liberamente.
Come intendete affrontare la prossima legislatura europea?
Siamo gli unici che dicono in modo chiaro che l’Unione europea ha bisogno di un deciso cambio di rotta rispetto a quanto fatto finora. Vogliamo un’Europa che decida poco e decida bene, mettendo finalmente un freno a questa smania regolatoria. Servono politiche di buonsenso, in grado di aumentare la produttività delle imprese e del lavoro grazie all’innovazione tecnologica, sostenendo l’agricoltura e offrendo risposte alle rivendicazioni di chi si prende cura della nostra terra. Abbiamo bisogno di direttive chiare che vadano incontro alle esigenze dei territori e siano in grado di modernizzarli. È il modello che stiamo adottando in Italia, sta funzionando e vogliamo portarlo a Bruxelles.
Sul tema dell’immigrazione, condividete i piani promossi in questa legislatura dall’Ue?
Le politiche migratorie europee non hanno mai aiutato realmente l’Italia e il nostro Paese non può trasformarsi in una sorta di welfare state del Terzo mondo. Non reggeremmo né economicamente né dal punto di vista sociale. Le risorse economiche che abbiamo in Europa debbono essere impegnate per proteggere i confini e la sicurezza delle nazioni messe sotto pressione dai flussi migratori illegali, non per finanziare pericolose derive belliche o per creare fantomatici eserciti europei che non si capisce quanto costeranno o da chi saranno guidati. In Europa difenderemo il diritto di veto in Consiglio che salvaguarda i nostri valori e l’interesse nazionale da quelle decisioni che potrebbero danneggiarli. È anche necessario avere un processo legislativo più trasparente in materia di immigrazione facendo luce sul ruolo delle Ong e sugli interessi che rappresentano. Queste dovrebbero attenersi a standard di trasparenza e responsabilità rigorosi per conservare la fiducia dell’opinione pubblica e preservare la propria integrità democratica.